“….Sapete cosa intendo con tempi presenti. Circa cinquant’anni fa s’è cominciato a utilizzare la tecnica industriale. Fu il principio della passione sfrenata per il denaro. Fino a quel momento, il solo mezzo per guadagnare denaro rapidamente e in grandi quantità era la banca. La tecnica industriale fu il nuovo strumento – o il miglioramento del precedente – che permetteva di accumulare ancora più in fretta tra le mani di un uomo capitali enormi. Se prima il profitto non si poteva accordare col lavoro ma solamente col gioco, ora gli si conferiva un’apparenza di accordo col lavoro e, con l’occasione, si legittimava la sete di profitto. In realtà non si faceva che trasformare il lavoro in gioco di denaro.La differenza tra lavoro e gioco è che si può lavorare da soli; e lavorare per qualcuno; non è possibile giocare da soli: si gioca sempre contro qualcuno. Perchè il gioco industriale funzionasse con più facilità e più profitto, servivano numerosi avversari, numerosi clienti. Non poteva svolgersi nelle campagne dove c’è da lavorare per davvero, dove non c’è tempo per giocare (dove non c’era tempo per giocare), dove sarebbero mancati gli avversari. Allora il gioco industriale si installò nelle città. Ne trasformò la vita. Seguendo le regole di tutti i giochi proponeva, dimostrava, strillava al pubblico l’avvento del dieci percento in più di felicità assolutamente nuove; e la portava, carte in tavola; era vero. D’altro lato il gioco industriale portava anche il novanta per cento in più di infelicità egualmente nuove sulle quali era inutile richiamare l’attenzione e che erano il risultato dei profitti industriali. Gli uomini accorsero da ogni dove ai novelli tavoli da gioco. Tutto era sistemato che i grandi arricchimenti dell’uomo non potessero fornirgli alcuno strumento di controllo. Non poteva più servirsi dello spirito critico, nè della coscienza; gli pareva persino che l’onore consistesse nel buttarsi nella partita. Lavorare per raggiungere quelle nuove felicità, offerte in quel modo,voleva dire civilizzarsi; dare alla civiltà dell’uomo una superiorità sulla natura, così consolante al fondo della solitudine; il carattere straordinario di quella felicità dava all’uomo una nuova sensazione di godimento: l’orgoglio di avvicinarsi a Dio……..” (J.G.)
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