Nella città del risotto giallo, da qualche tempo, per svagarsi non si va più a concerti o a vedere film sulle comode poltrone rosse bensì si va a far la spesa. Qualcuno sorriderà leggendo quest’affermazione pensando che sia una semplice boutade, ma facendo una capatina tra i mangia michette potrà constatare che è la vera verità.
Passati, pare, gli anni della tanto “adorata” industrializzazione alimentare, il buon cibo contadino è tornato in auge. Quello che prima era considerato brutto e piccolo – e quindi scartato – ora è ricercato e considerato prezioso come l’oro.
Chi fino a ieri desideroso di formaggio si scapricciava con quello reclamizzato da Kaori, oggi compra e consuma tome piemontesi o caciocavallo ragusano come se nulla fosse.
Le paste della G.D.O. sono solo un lontano ricordo, di cui ci si vergogna anche un po’, e nella propria dispensa si stoccano semole preziose per condire pastasciutte regali.
Ogni prodotto diventa così speciale, unico, dai sapori “di una volta“, tanto che in questi ultimi anni mangiare, da atto necessario e fondamentale, per alcuni si è trasformato in uno show business.
Le persone, col tempo, hanno modificato le proprie scelte; infatti se prima temevano ed evitavano tutto ciò che non fosse uscito da una fabbrica sterilizzata e asettica ora – al contrario – bramano e ” ricercano” ciò che stagiona avvolto da fieno profumato o affina in cantine umide e polverose.
Il cibo, a voler fare un paragone, da una liscia e candida piastrella si è tramutato in un mattone sbeccato .
Come si è potuti tornare ad apprezzare il cibo di una volta in un periodo così “buio” e moralmente deprimente? Come si è riusciti a trasformare in affascinante ciò che fino a ieri era considerato dagli stessi grezzo, puzzolente ed insalubre?
Le risposte a queste domande possono essere diverse ma è sicuro che qualcuno è riuscito nell’ intento di rendere alla moda la diversità , peccato che sia stato così veloce da trovare un pubblico gastronomicamente e culturalmente non pronto.
Non fraintendetemi! Non voglio dire che questi baffuti lungimiranti abbiano fatto cilecca economicamente, anzi, ma il pubblico raggiunto e coinvolto era davvero pronto ad un salto così repentino, senza step intermedi e soprattutto apparso senza nessuna conquista?
Ho visto uomini felici di attendere in coda per entrare a far la spesa – ripeto FELICI IN CODA PER ENTRARE A FAR LA SPESA. Gli stessi uomini che fino a tre mesi fa al solo pensiero di accompagnare la dolce metà a riempire carrelli avrebbero rinunciato a sesso, tv e calciotto per un paio di giorni.
Ho visto persone adulte ammirare carote, stupirsi per delle bietole non imbustate e commuoversi di fronte alle rosse coste del rabarbaro.
Ho visto curiosi vagare tra gli scaffali con carrelli vuoti e passare minuti a cercare di capire cosa fosse ciò che si trovano di fronte(era della semplice pasta).
Ho visto signore riempire carrelli con prelibatezze da tutto lo stivale e poi intrattenersi, con il carrello traboccante di fianco, a bere e conversare amabilmente con amiche per ore non curanti dei pesci e dei formaggi in palese sofferenza al loro fianco.
Ho visto il tanto decantato slow food tramutarsi in pasti seriali con file e caratteristiche paragonabili alle mense della famosa catena M (ericana).
Ho sentito persone lamentarsi dei prezzi delle botteghe e pagare con uno strano stato di grazia prezzi ancor più alti nei nuovi templi del gastrodivertimento.
Il cibo è una storia, più o meno bella, chi la sa raccontare detta legge!
Buon divertimento a tutti!!
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[…] ed esperto Andrea Vigna, famoso per il blog panbagnato.com e per molto altro, (leggi il suo post QUI) decido di dire la mia riguardo alla crescente moda attorno al Food (per dirla da modaiola). La […]