Qual è la differenza tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano?
La risposta è semplice e si trova fondamentalmente nel cibo che viene dato alle vacche da latte produttrici dell’uno e dall’altro formaggio, entrambi fiori all’occhiello della nostra gastronomia.
Due formaggi simili per forma, consistenza e sapore ma allo stesso tempo totalmente diversi. Ognuno con le proprie caratteristiche organolettiche e ognuno adatto ai propri usi.
Come sempre accade nei prodotti ciò che li caratterizza va ricercato più che nel metodo di produzione, che in questo caso è pressochè identico, nelle materie prime da cui sono costituiti e quindi in questo caso deve essere ricercato nel latte. .
Il Grana Padano è un formaggio prodotto in pianura e per cui si utilizza latte parzialmente scremato ottenuto da vacche alimentate con mangime insilato ovvero, piante di mais triturate e messe ad acidificare in silos o bunker. Attraverso questa tecnica si stabilizza un prodotto facilmente deperibile, garantendo un ricco apporto proteico per tutto l’anno. Tuttavia durante questo procedimento si sviluppano acidi lattici che se non controllati e stabilizzati tendono a proliferare nei formaggi creando una sorta di “effetto lievitazione” . Per questo motivo viene aggiunto al latte insieme al caglio il lisozima, un enzima che abbatte la carica batterica e permette di stagionare a lungo il formaggio.
Per il Parmigiano Reggiano, formaggio di collina, è previsto dal consorzio l’utilizzo di latte intero e latte parzialmente scremato ottenuto da mucche alimentate con fieno secco. Questa alimentazione non richiede aggiunte durante la fase di lavorazione, fatta eccezione ovviamente del caglio, per garantire un prodotto stabile.
La levataccia ha un buon motivo, vado a vedere dal vivo come si produce il Grana Padano. La produzione non ha orari “comodi” e non ha giorni di pausa, il casaro produce sette su sette per undici mesi all’anno fatta eccezione per Agosto. Ogni mattina nel locale della cascina si riempiono 20 caldaie in rame, ognuna con 1000 litri di latte parzialmente scremato e si ripete quotidianamente il miracolo.
Si parte intiepidendo il latte a cui poi viene aggiunto il caglio insieme al lisozima.
Si aspetta che si formi la cagliata ed una volta ottenuta la si rompe in parti grossolane con una specie di mappamondo in alluminio in cui non vi sono i continenti ed i mari ma solo meridiani e paralleli, poi si passa ad una frusta elettrica che riduce la dimensione della cagliata in piccolissime parti simili a dei chicchi di riso. A questo punto si aspetta un’ora, bisogna attendere che si crei il formaggio. Tutti i “chicchi di riso” colano a picco nella caldaia di rame, cha ha una forma conica, lasciando in superficie il siero si sedimentano sul fondo unendosi tra di loro e dando vita ad una prima forma di Grana di quasi 100kg.
Trascorsa l’ora, pulendo bene le caldaie in modo da non sprecare nemmeno un chicco di cagliata, si divide la massa che si è formata sul fondo con uno strumento chiamato gemellatrice poi, con una specie di remo si porta in superficie la forma e la si ripone in due canovacci di lino. Si appendono le due forme gemelle e si lasciano sgocciolare per alcuni minuti.
Ovviamente, da vero curioso, non ho potuto esimermi dall’invito di assaggiare il Grana Padano in questo suo primo stadio. Bè se devo essere sincero: nulla di che. Il sapore è neutro, non vi sono grassi, non c’è sale, il latte è scremato e per questi motivi consistenza e gusto sembrano quelli di una mozzarella poco saporita.
Si preparano le fasce che daranno una prima forma a questa massa informe e dopo un brevissimo passaggio in acqua calda, dondolando la forma su se stessa, i casari la ripongono nelle fascere con un peso sopra.
Qui il grana rimane per circa 24/48 ore, asciugandosi ed eliminando tutta la parte acquosa contenuta al suo interno nemica della stagionatura. Trascorso questo tempo si passa alle fascere in acciaio che danno la classica forma al Grana Padano.
Il formaggio prosegue il suo viaggio venendo immerso in vasche di salamoia satura per circa 20 giorni ed infine viene asciugato e messo a stagionare su assi di legno e roteato regolarmente per uniformare la maturazione e la stagionatura.
Solo alla fine di questo lungo viaggio che dura almeno un’anno nasce il Grana Padano.
Ora, quando tra Parmigiano Reggiano e Grana Padano avrete deciso quale grattare sulla vostra pasta o usare per il ripieno che state preparando, saprete che quello che avete in mano ha una storia avvincente e faticosa. Una storia che si tramanda e ci permette di godere di un prodotto che tutti ci invidiano, un prodotto che richiede enormi sacrifici e impone ritmi e tempi durissimi ma che alla fine, ad ogni grattata, ci ricorda perché vale la pena salvaguardare miracoli gastronomici come questi.
6 commenti
E il tipico lodigiano? Possiedo il “Rigettario” di Ugo Tognazzi a casa e si parla di questa variante prodotta solo nella provincia lodigiana appunto se ne esaltava la differenza ma non è mai entrato nello specifico. Lo chiedo in quanto lodigiano e ne vorrei sapere di più (l’unica cosa credo certa è che per la Raspa serva il tipico ma nulla più)
Ciao Guido, il tipico lodigiano non si differenzia di molto nella preparazione da quella del Grana Padano, per lo più per questioni di consorzi e regolamenti. La produzione è simile se non identica muta principalmente l’origine di provenienza del latte.
Vissuto storia uguale e contraria nel reggiano (nei dintorni di canossa) , col parmigiano
Il Parmigiano Reggiano non è un formaggio prodotto solo in collina, la zona di produzione di spine fino al destra Po in piena Pianura Padana e viceversa il Grana Padano non è un formaggio prodotto solo in pianura. Sarebe opportuno correggere l’articolo.
Il Grana Padano viene marchiato al nono mese di stagionatura perciò è impreciso dire che il percorso dura almeno un anno.
Poesia.