Ricordo come se fosse oggi la volta in cui, durante il mio primo viaggio, vidi due ragazze tedesche preparare una pasta.
In una pentola capace, le due biondine, versarono acqua fredda, pasta cruda e un paio di barattoli di ragù del supermercato; accesero il fornello e aspettarono che il tutto fosse “cotto” e dopo averlo scolato, cenarono. Un’immagine raccapricciante, da incubo, che turbò profondamente il mio giovane animo di gourmand ma che allo stesso tempo non fu un’esperienza del tutto sterile, mi aprì gli occhi su quanto fosse di libera interpretazione e oltre ogni mia più fervida immaginazione, il semplice gesto del cucinarsi una pasta.
Per una persona nata in Italia, veder preparare un piatto di pasta è un gesto che si respira fin dai primi giorni, nell’immaginario di tutti c’è una pentola che sbuffa e schizza acqua salata sui fornelli dentro la quale ci si butta/versa/cala/scende il formato di pasta prediletto e lo si cuoce per un tempo determinato.
LA PASTA è qualcosa che scorre nelle nostre vene, un cibo che ci accompagna, ci sostiene, a cui attribuiamo simboli e ricordi che sfamano la nostra memoria oltre che il nostro desiderio di sazietà. Non c’è film o immagine che meglio possa rappresentare il cibo italiano che quella di una pignatta sul fuoco, dei pomodori sul tavolo di grezzo legno e l’immancabile treccia d’aglio appesa.
La pasta è l’Italia.
Ma siamo sicuri che gli italiani sappiano realmente cuocere in modo corretto la pasta? Non dico che siano nelle stesse condizioni delle due ragazze alemanne ma dopo anni di esperimenti e studi ho stilato una lista di errori che molti commettono, non per loro negligenza ma per un retaggio culturale spesso approssimativo quindi errato.
LA PASTA NON SI CUOCE, SI REIDRATA
Erroneamente si crede che la pasta debba essere cotta; la pasta immersa in acqua e grazie al calore di quest’ultima da secca si ammorbidisce reidratandosi. Per questo processo non è quindi necessario che l’acqua sia in continua ebollizione ma passati un paio di minuti è possibile abbassare al minimo l’acqua se non addirittura togliere dal fuoco come insegna il buon Marchesi. Come succede nella cottura di un pezzo di carne o di una verdura, si sigilla a fiamma vivace e si porta a cottura a fiamma dolce.
IN ABBONDANTE ACQUA SALATA
Quante volte nelle ricette abbiamo letto questa formula? Migliaia. La pasta per dare il meglio di sé necessita di un giusto quantitativo di acqua, quindi di sale. Noi italiani mettiamo la pentola sotto il rubinetto e fino a quando non rasenta l’orlo non spegniamo, poi una volta bollente schiaffiamo una bella manciata di sale e buttiamo la pasta, che questa sia per due o per venti poco importa. Le dosi corrette?
1 litro d’acqua e 10 g di sale per ogni 100 g di pasta.
LO SPAGHETTO CHE SPORGE DALLA PENTOLA
Immagine che tutti abbiamo bene in mente: pentola sul fuoco e la pasta lunga che per 1/3 rimane fuori dall’acqua. Se utilizziamo una pasta di scarsa qualità nessun problema, una mescolata e questa si affloscia nella pentola, se invece abbiamo a che fare con una trafilata buona ecco che per almeno 2 o 3 minuti ci tocca lottare nel faticoso tentativo di immergere tutti gli spaghi. Risultato? Pasta rotta, mezza scotta mezza cruda.
Non sarebbe meglio prendere una casseruola larga e bassa?
SCOLARE LA PASTA
L’ingrediente più importante per la riuscita di un buon piatto di pasta è : l’acqua di cottura. Lo so che fin dalla più tenera età avete visto rovesciare pentole bollenti in lavandini inermi protetti solo da un rigagnolo di acqua fredda, fa parte dei vostri ricordi d’infanzia, ma vi assicuro che utilizzare un semplice ragno o una schiumarola per i formati corti ed una comunissima pinza da cucina o un mestolo per spaghetti vi permetterà di scolare la pasta e lasciare a vostra disposizione la preziosissima acqua di cottura per ultimare la cottura e legare bene la salsa.
Le tradizioni sono importanti e non devono essere dimenticate ma non è detto che come si è sempre fatto sia il modo migliore di fare.
Provare, sbagliare, interrogarsi è l’unica strada per chi vuole cucinare.
8 commenti
Ciao Andrea,
per prima cosa complimenti per il tuo post, molto utile e dettagliato.
Leggendo mi è però sorto un dubbio, siamo certi che le due biondine hanno proprio torto? 🙂
Ovviamente la mia è solo una provocazione ma mi è venuto in mente pensando al fatto che come dici tu la pasta non si cuoce ma si “Reidrata” quindi se metti la quantita giusta di acqua e giri spesso la pasta alla fine ti potresti ritrovare l’acqua completamente integrata alla pasta e non devi nemmeno scolarla, sia che risparmio 🙂 le biondine ci hanno visto lungo te lo dico io 🙂
Ciao e ancora grazie
Daniele
Sono d’accordo con Daniele , di fatto , se si trattasse semplicemente di “reidratarla” , allora la pasta fresca potrebbe essere consumata tal quale ovvero basterebbe solamente condirla.
Daniele grazie per i tuoi complimenti, in effetti il procedimento della pasta risottata o della pasta in pressione di Scabin non sono lontane dall’improvvisazione delle due ragazze…
Caro Andrea Vigna,
Se veramente come tu dici la pasta non va cotta ma reidratata, come mai inizi facendo bollire l’acqua? Sei sicuro di aver chiaro il meccanismo che ti permette di ottenere i risultati, sicuramente eccellenti, che ottieni?
Caro Giovanni, come ho scritto, paragonavo la cottura della pasta a quella di un filetto o di una zucchina. Dopo aver scottato a temperatura alta, proseguo la cottura a bassa temperatura per permettere al grano di reidratarsi senza subire stress eccessivi. I miei, sono spunti di riflessione che servono per mettere in discussione le tecniche e crescere con queste, non di certo dogmi da seguire senza porsi domande.
[…] Dissapore. Una sorta di risposta al cuoco Andrea Vigna, che in un articolo per il suo blog Panbagnato ha raccontato la sua scomoda verità: gli italiani non sanno più cucinare la pasta. Senza alcuna […]
Caro capo (“chef” lasciamolo dire ai francesi!),
ho solo una minima obiezione.
Il secondo paragrafo termina con la regola:
“1 litro / 10 g sale / 100 g di pasta”;
alla quale rispondo: “MaStiGranCapperi!!!”
Le quantità di acqua variano a seconda dei formati e le quantità di sale variano a seconda dei condimenti.
Fare di tutta l’erba un fascio è controproducente.
Ho appena finito di cuocere (a fuoco lentissimo) 250 g di mezze maniche integrali e ho messo solo 1 litro d’acqua e 5 grammi di sale.
La poca acqua che è rimasta in pentola post “scolatura” è super-ricca di nutrienti e verrà conservata per spadellate future, di pasta, salse e anche altro.
Invece di scrivere arbitrarie regole, iniziamo ad allenare l’organo più sexy del nostro corpo, il cervello.
Distinti gnam gnam,
Alex Martini
“versarono acqua fredda, pasta cruda e un paio di barattoli di ragù del supermercato” Capisco mettere la pasta già in acqua fredda per accelerare i tempi di cottura, ma anche il suco è disgustoso: come fai a colare questo intruglio? butti via la maggior parte del sugo, oppure vuol dire che devi lasciare evaporare l’acqua in eccesso e che quindi devi calcolare l’acqua al centilitro per non scuocere la pasta