Andare a Tokyo senza visitare Tsukiji non avrebbe senso. Anche coloro che poco si interessano di cibo e gastronomia dovrebbero farci una capatina, non tanto per il pesce ed il mercato in sé ma più per comprendere un po’ meglio la criptica e affascinante mentalità giapponese.
Il mercato è una piccola città, paragonabile per dimensione e popolazione ad un quartiere popoloso di una metropoli. Come ogni città – appunto – ha le sue regole, i propri usi e costumi. Gli “stranieri”(chi non acquista) sono benaccetti ma non hanno carta bianca e devono attenersi ad orari precisi, comportamento adeguato e consono al luogo in cui si trovano.
Niente di eccezionale, solamente buon senso .
Arrivando dalla metro, all’ingresso principale, sulla sinistra si trovano una serie di cartelli in stile manga che spiegano in modo preciso ed inequivocabile cosa si può e non si può fare all’interno, a cosa bisogna prestare attenzione e cosa è consigliato indossare.
Al mercato si può accedere al mattino presto, attorno alle 5, per assistere all’asta dei tonni. Qui viene ammesso solamente un numero limitato di persone che prima dell’apertura si fanno trovare diligentemente in fila ai cancelli, se invece non siete interessati all’asta, l’accesso è consentito solo dopo le 9. Sull’orario non transigono e non si fanno di certo convincere da modi garbati o sguardi languidi. Attorno al cuore di questo mercato (zona del pesce) esiste però una realtà altrettanto interessante fatta di ristoranti e botteghe con prodotti strabilianti. Qui si possono trovare frutta e verdura presentati in modo impeccabile, salse, tonno essiccato a scaglie, libri, coltelli e molto ancora.
Molti, aspettando le 9, gironzolano tra le bancarelle o seguono il costume locale facendo colazione con un piatto di pesce. C’è anche sushi ma principalmente viene proposto pesce lessato o arrostito con salse d’ accompagnamento.
Per quanto riguarda l’interno del mercato non vorrei spendere nessuna parola, vorrei che parlassero le immagini.
Entriamo…
4 commenti
CHE VOGLIA DI ANDARCI!
Giovanna, devi!
La prima volta che andai a Tsukiji fu in una luminosa mattina di gennaio 2001….. E fu amore a prima vista….sono andata poi spesso a comprare il pesce ed una delle prime volte mi trovai a casa con un enorme polpo vivo che non sapevo come affrontare ( ovviamente quando lo avevo comprato pensavo che lo avrebbero “ucciso” prima di incartarlo e mi ero voltata dall’altra parte per non vedere la scena….ed invece toccò a me la triste incombenza…..)
Certo, il mercato del pesce di Tsukiji ha un fascino irresistibile per gli occidentali. Solo l’idea di poter mangiare un filetto di fugu (il velenosissimo pesce palla) in una delle botteghe fuori dal mercato vale la fatica di svegliarsi molto prima dell’alba per arrivarci.
Ma quando poi scopri che nella vicinissima Corea del Sud, nella citta di Pusan, esiste un mercato del pesce (il più grande della Corea e uno dei maggiori di tutta l’Asia orientale) che non è solo luogo di aste al rialzo per i tonni più pregiati e di altri traffici poco chiari alla giapponese, Tsukiji diventa un luogo sbiadito e freddo (del resto è un mercato all’ingrosso, dove il visitatore è a malapena tollerato e in alcune parti dell’area coperta non gli è consentito l’accesso). Tsukiji vive in effetti di una mitologia tutta occidentale, fortemente incoraggiata dalle agenzie turistiche e dalla smania della scoperta ad ogni costo (troppo spesso dell’ovvio) di turisti e visitatori di qualsiasi genere e professione e provenienza.
A Pusan, Jagalchi è un mercato come può immaginarlo chi conosce i mercati del Mediterraneo: luoghi di mescolanza di prodotti e persone del mare, freschi ma anche in tutte le altre forme possibili, caotico e colorato, chiassoso e disordinato. Una delle sue peculiarità è il fatto che la vendita è affidata prevalentemente alle donne. Il visditatore può circolare liberamente dappertutto e al piano di sopra farsi cucinare quello che ha scelto e acquistato al piano di sotto
Un solo ricordo (del lontano 1996): il polpo che con Giulia avevamo scelto scappò fuori dalla bacinella rendendosi introvabile tra le centinaia di vasche sparse a terra.