πάντα ῥεῖ, tutto scorre.
La cucina, intesa come moda, è entrata nella sua fase calante.
Pare essersi affievolita quell’ebrezza da ricetta facile che alcuni anni fa aveva contagiato molti e contaminato parecchio. Inutile ripercorrere ciò che è stato anche perché è noto a tutti; sarebbe invece più interessante capire il motivo di questo apparentemente lento declino di interesse e lo strascico lasciato dopo anni passati a riceve e dare consigli, idee, trucchi ma soprattutto RICETTE.
La cucina era ovunque, tutti ne parlavano, tant’è che ad un certo punto riviste (sia cartacee ma soprattutto web) di moda, di sport o di qualsivoglia settore introdussero la rubrica “spadellata“. Nel panorama dell’informazione si potevano trovare molte persone valide, con una conoscenza della materia e con diversi messaggi importanti da comunicare, e allo stesso tempo tanti improvvisati che della cucina e gastronomia poco sapevano ma brandendo l’arma della passione, della memoria e della cucina di famiglia volevano dire la loro.
Il risultato: fame, fame di ricette.
“Devi fare così.” – “Dai retta a me.” – “Il burro no.” – “Qualcosa di magro, leggero e veloce.” -“Biologico.” – “Come una volta.” – “Quando ero piccola.” etc. etc.
In questa moda esplosiva mi sono ritrovato piacevolmente coinvolto anch’io. Pur non arrivando da una classica formazione di cuciniere e ambendo a divenirlo già da tempo, all’inizio del boom avevo già vissuto diverse esperienze formative che unite a studi e soprattutto incontri con persone molto più preparate avevano permesso di affrontare diverse realtà con delle solide basi.
In realtà, in questi anni abbiamo visto nascere e affermarsi personaggi, prima sconosciuti, che senza nessuna palese abilità si sono trasformati in vere e proprie star, sfornando libri da più di un milione di copie vendute, conducendo programmi tv seguitissimi ma che pian piano sono scomparsi quasi definitivamente. In altri casi, le stesse star, hanno dovuto per ragioni di contratto interpretare ruoli a dir poco marginali, figurando come opinion leader ma spesso con poche opinioni. Anche tra la gente comune, molti in preda al raptus ed esaltati dal momento, hanno pensato di poter iniziare una nuova carriera al grido: “Cosa ci vuole per fare una pasta, apro un ristorante” , per poi scontrarsi poco dopo contro l’inesorabile e ben piantato muro dell’insuccesso. Ed infine anche quelle famose riviste (cartacee e web) che per anni avevano spinto sulla parola food , accortesi che questa moda non tirava più come prima, in quattro e quattr’otto hanno eliminato la rubrica dal loro “palinsesto” lasciando spazio ad altro.
Il lettore famelico di prima si era forse saziato?
Comunque a qualcosa sarà pur servita questa pazza moda e avrà pur lasciato un’orma in noi, nella società, prima di ridimensionarsi ad una forma normale? Ognuno a questa domanda potrebbe dare una propria risposta, io ovviamente mi son fatto la mia idea.
Le mode passano sempre e comunque, meglio non farci troppo affidamento se non più che motivati.
Detto ciò, credo che questo periodo sia servito per scrollarsi parzialmente di dosso i trent’anni precedenti, caratterizzati esclusivamente dalla scoperta e dall’adorazione del prodotto industriale; son serviti a mescolare le carte e ridimensionare un po’ tutto, modificando valori, sensibilizzando il consumatore e rendendolo un po’ più consapevole. Hanno aiutato a rivalutare (alcune volte troppo) figure prima marginali, hanno creato un dibattito, un interesse su un tema che coinvolge tutti e che prima si era messo un po’ da parte, in nome poi non si sa di cosa.
La cucina è ritornata un luogo vivo in cui e su cui confrontarsi, imparare ma soprattutto crescere!
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