Quella mattina, dopo aver fatto colazione, salì in bagno, si fece la barba e vestitosi con una camicia a maniche corte e i soliti pantaloni lunghi in cotone marrone, scese in cortile.
Erano passate due settimane dal giorno in cui aveva smielato ed era sicuro che il miele fosse arrivato finalmente a maturazione.
Prima di tornare nel campo a finire il lavoro iniziato il giorno prima col trattore, aveva deciso di invasettare l’ultimo raccolto, voleva riempire la dispensa per l’inverno e consegnare a tutti i clienti i vasi che gli avevano ordinato con largo anticipo.
L’annata era stata mediamente proficua, le operaie avevano portato negli alveari circa quindici quintali di miele. Ogni volta che pensava quanti viaggi, queste, avessero dovuto fare per trasportare tutto quel dolce oro liquido, un brivido di commozione gli attraversava la schiena.
Facile pensare ad un cucchiaino ricolmo di zuccherato miele, fantastico capire la magia, la fatica e la ricchezza di quel prodotto.
Scese nel laboratorio dedicato alla maturazione e all’invasettamento, controllò il livello di umidità con il rifrattometro e dopo aver constatato l’avvenuta maturazione iniziò a far colare nei vasi il suo orgoglio.
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