Ho scoperto di amare i viaggi quando ho capito che viaggiare mi avrebbe permesso di assaggiare culture differenti, con la bocca in primis e poi anche con gli altri sensi.
La gastronomia di un popolo, per chi riesce a leggere tra salse e companatico, racconta molto più di quanto potrebbe fare qualsiasi altra cosa. Non c’è dipinto, scultura, libro o paesaggio che possa contenere così tanti codici ed informazioni su abitudini, gusti, pensieri, dominazioni, rapporti con il divino e tra le stesse persone che popolano quei luoghi.
La gastronomia è frutto e allo stesso tempo contenitore di tutto ciò.
Ho visto un paese che a molti parrebbe povero, un paese che dai più è considerato terzo mondo ma che ai miei occhi luccicava come un gioiello.
Ho visto un paese in cui l’agricoltura non è boicottata dalle istituzioni né un passatempo domenicale per gli impiegati o per hipster dal pollice verde ma è il motore pulsante e roboante dell’economia.
La terra è fertile, lavoro ed esperienza la rendono magica.
I campi, soprattutto nella zona degli altipiani, sembrano ininterrotti. Colture si susseguono ordinate tra pendici scoscese e brevi pianure. Tutto viene fatto a mano con passione e maestria, almeno pare.
La cosa che mi ha stupito maggiormente delle campagne è sicuramente l’ordine e la precisione quasi maniacale, a maggior ragione se si pensa che non c’è macchina dietro e i filari e le piantagioni –fincas- seguono linee rette quasi come se fossero state fatte con il goniometro.
La varietà delle colture è incredibile, i campi seguono la rotazione ma non sono mai lasciati a maggese, in ogni stagione lo stesso pezzo di terra fornisce frutti grandi e succulenti.
Dico grandi perché alcune verdure come carote, mais e una specie locale di zucchine sono enormi, non che questa sia una qualità, anzi, ma qui grandezza corrisponde anche gusto e consistenza.
Quando ho iniziato ad informarmi e a leggere per preparami a questo viaggio la cosa che mi ha attratto maggiormente, stuzzicando curiosità e sensi, è stata senza dubbio la diffusa presenza di mercati.
Una volta là ogni città, ogni paesino, ogni pueblo visitato era stato scelto in primis per il suo mercato da battere per lungo e largo.
Simili per forma, unici per proposte i mercati caratterizzano ogni città guatemalteca.
In un apparente caos, tutto è disposto con ordine ed i colori dominano. Anche l’olfatto viene costantemente stimolato talvolta pure da “aromi” poco invitanti.
I polli, quando si trovano già spennati, hanno la pelle gialla segno di un’alimentazione ricca di mais e di una vita all’aria aperta, altre volte polli ed altri animali si trovano in vendita vivi in modo che l’acquirente possa portarseli a casa e decidere se continuare ad ingrassarli o….
I pomodori sono piccoli e profumati, i lime e la frutta troneggiano, il coriandolo è ovunque e inebria l’aria profumandola di fresco.
La cucina è buona anche se offre poca varietà.
Le proposte sono rappresentate da legumi principalmente lessati o in crema, uova fritte o strapazzate, verdure lessate o brasate, carne bianca e poco pesce.
Dopo le ore passate tra le bancarelle dei mercati, una volta seduto al ristorante mi facevo sedurre dai piatti vegetariani colmi di verdure fresche e con sapori nuovi per me, li assaporavo felice. Se voglio essere del tutto sincero devo ammettere che nulla mi ha lasciato senza fiato fatta eccezione per la combinazione Pomodoro – Lime – Coriandolo – Cipolla.
Servita come marinata per il pesce –cevice- o come accompagnamento per carni o verdure questo miscuglio di sapori ha un fascino tutto suo, la prima sensazione che sia ha è sicuramente un senso di freschezza, si percepisce poi una complessità aromatica da non sottovalutare; bisogna anche però dire che questo non è un condimento tipico locale ma caratterizza quasi tutto il centro America.
Sia per una questione igienica sia per un fatto culturale, tutto viene servito dopo essere stato stra-cotto, perdendo in questo modo gran parte dei sapori e rovinando interessanti consistenze.
Ricordo per l’appunto, un pranzo sul lago di Atitlan in cui dopo aver spiato in cucina, decisi di ordinare dei gamberi alla griglia che avevo intravisto crudi sul bancone e mi erano parsi ottimi.
Quello che mi fu servito era più simile ad una gomma che ai dolci teneri gamberi che solitamente mangiamo.
Un paese che mi ha sorpreso e che mi ha fatto ancor più riflettere su quanto l’agricoltura e di conseguenza l’alimentazione siano importanti, quanto ci costi demandare ciò che per noi è vitale ma soprattutto quanto sia bella, varia e pregna di storia e quindi di umanità la gastronomia.
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