Sfogliando una qualsiasi guida gastronomica Milano appare come la capitale italiana dei gourmet . Nelle sole mura della città si contano una decina di stellati, una ventina di ristoranti in lizza per entrare nella rossa e migliaia e migliaia di trattorie, pizzerie, osterie che delle guide se ne sbattono, almeno pare, ma non per questo non degne di nota.
Qui c’è (quasi) di tutto e per (quasi) tutti.
A Milano è possibile mangiare nel:
Ristorante Centenario – Qui tutto è fermo o forse meglio dire “Classico”, l’arredamento, le stoviglie, il menù, la tecnica e il personale.
Ristorante Regionale – Ognuno è un piccolo cosmo, solitamente a conduzione famigliare si posizionano nella fascia economica medio-bassa e grazie anche a questo resistono nel tempo.
Ristorante Generico(Un po’ di tutto) – Aprono e chiudono senza che ce ne si accorga, sono ovunque ma nessuno ammette di averci mai mangiato.
Ristorante Etnico – Raggruppati principalmente per quartiere, si “muovono in branco” restando poco caratterizzabili l’uno rispetto all’altro.
Ristorante Tematico – Solo carne alla griglia, solo pesce, solo vapore, solo sottovuoto, solo cibo di strada, solo o son desto? Inizialmente intrigano e seducono per tecniche o cibi stravaganti ma dopo un exploit travolgente annoiano per la limitatezza.
Ristorante Vorreimanonposso – Caratteristica molto in voga negli ultimi anni, con un bollitore e cinque fornelli, l’ex bancario si ricicla come chef creativo e sensibile. La mano non è ferma, trema e ci si taglia.
Ristorante alla moda (Per gente della moda) – Da andarci assolutamente. Non ci sei ancora andato? No, vabbè.
Ristorante Creativo – Con la paura di uscire affamati per anni son stati bistrattati ma con la ChefMania sono diventati posti molto frequentati. Qui ci si trova dall’appassionato, al gourmet passando per la coppietta in amore fino all’ignaro di tutto.
Mangiare(fuori) è sempre più un atto sociale.
Nel quotidiano rimane un’azione vitale, qualcosa di concreto che sazia corpo in primis e nutre un’infinità di sensazioni ed emozioni tuttavia ciò che accade attorno a quei quattro fuocherelli che ognuno ha, poco interessa, almeno qui.
Le guide selezionano e segnalano, a loro pare, il meglio. Ecco allora comparire qui e là il meglio del meglio, i ristoranti citati vantano nella carta la miglior cotoletta, il miglior risotto, l’hamburger da competizione e il pesce più fresco.
Il cliente leggendo i vademecum della gastronomia meneghina sogna e si lascia “cucinare”, sfogliando i menù dai siti la lingua si umetta, inizia a rosolare come cubetti di guanciale in un tegame caldo immaginando l’oste al mattino che, svegliatosi di buon ora, riesce a scovare al mercato l’ingrediente sacro, quello biologicobiodinamiconaturale, l’ingrediente puro, vergine, fonte di energia e salute che dopo una dura lotta si aggiudica e che con delicatezza trasporta nella propria cucina e ancora sporco di terra, di una terra ovviamente commestibile e sacra, offre su un piatto fatto a mano da un artigiano etico e bravissimo ai propri commensali.
Dietro ogni boccone, nella Milano che mangia c’è e serve una storia, un aneddoto, a volte questo è legato all’ingrediente, altre a chi lo trasforma. Al ristoratore non si chiede più di rimpinzarci con prodotti gustosi e buoni ad un prezzo giusto, si chiede che imbastisca una bella storia e che ce la racconti.
Le guide in tutto questo fanno la regia, tirano i fili, tagliando ed evitando di dire ciò che non va ma declamando e intessendo lodi. La sensazione che si ha, cenando nel posto segnalato, spesso non è quella che si aveva avuto leggendo.
Questo dipenderà da un caso? Dipenderà da una nostra incapacità a percepire? Dipenderà, forse, da un rapporto interessato del recensore? O saremo capitati, soltanto, nella giornata storta?
Per arrivare a percepire una differenza occorre che avvenga il disincanto altrimenti si mangia con l’immaginazione, l’esperienza fisica e reale passa un po’ in secondo piano trascendendo .
Dopo aver letto, sentito visto e osannato risulta difficile sviluppare un senso critico, che sia ben chiaro, quando dico critico intendo in senso neutro, in senso di giudizio. Il cliente vive ed entra nella storia faticando a capire se ciò che sta mangiando sia buono, cotto in modo corretto e appagante.
Milano mangia, mangia sempre di più e se paragonata a qualche anno fa, mangia meglio.
Sarebbe bello se si riducesse la forbice tra ciò che si racconta del cibo e ciò che ci si trova nel piatto.
2 commenti
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