Chiudete gli occhi, immaginate lo scenario migliore in cui avreste voluto fossero vissuti gli animali che ogni giorno trovate al banco della carne o che intravedete passando in autobus nella vetrina del macellaio. Spesso se non sempre la nostra immaginazione si scontra con una dura o addirittura barbara realtà ma in quest’Italia inchiodata a debiti, depressione e disoccupazione ho trovato un posto che assomiglia o addirittura supera la vostra migliore previsione, un posto in cui l’immaginazione si trasforma in estatica realtà.
Duecento cinquanta ettari delimitati da un sottilissimo cavo elettrico, che più che rinchiudere protegge le mandrie da animali pericolosi e sgrufoloni, si estendono a perdita d’occhio tra ruscelli, boschi e tanti pascoli.
L’uomo c’è, lavora duro ma non si vede, non interviene con aggressività anzi limita l’avanzare del bosco e predispone estesi banchetti d’erba per i ruminanti.
Qui lavora Federico, 34 anni e circa 150 bestie razza Limousine.
Come definiresti la tua professione?
Sono un allevatore con il pallino della sostenibilità.
Qui nella mia azienda infatti pratichiamo un allevamento semibrado, in parole povere le bestie divise in mandrie vivono libere nei pascoli, dove naturalmente trovano da cibarsi e da abbeverarsi. Tutto avviene in modo naturale infatti le vacche si spostano alla ricerca di cibo, abbandonando i campi già battuti in cerca di quelli ricchi d’erba. Anche la nascita e lo svezzamento è naturale, noi teniamo d’occhio che non insorgano complicazioni ma ogni vitello sarà sfamato dalla propria madre e si inserirà nella mandria.
In inverno le bestie rimangono libere e visto l’assenza di cibo portiamo erba secca ogni giorno per il loro sostentamento.
Prima di essere macellati, ogni settimana ne macelliamo due, i capi passano alcune settimane in stalla dove vengono ingrassati con cereali schiacciati, molto simili a i nostri della prima colazione, che acquistiamo da un’azienda che garantisce prodotti biologici.
Mi racconti una tua giornata tipo?
Non esiste una vera e propria giornata tipo, infatti ogni giorno svolgo un’attività differente.
Le giornate sono scandite dalla stagione e dalle priorità incombenti.
Un giorno alla settimana lo passo sul trattore, possibilmente scalzo quando il clima lo permette, a lavorare nei campi con la radio nelle cuffiette.
Un giorno lo passo “a far confine”. Parto la mattina, scavo e pianto pali nella terra e poi tiro il cavo elettrico per delimitare i pascoli.
Altre volte sto in laboratorio dove mi arriva la carne macellata e frollata (15gg) e preparo i pacchi per i g.a.s.
I pacchi sono misti, quindi partendo dai tagli di schiena (il roast beef per intenderci) sporziono e divido in sacchetti da 5 kg. Il consumatore finale si troverà ad esempio 2 bistecche, 4 ossi buchi, carne trita, muscolo per bollito e carne da brasato.
Altri giorni mi capita di stare per alcune ore ad osservare le mandrie, seduto sotto un albero controllo che le gravidanze stiano procedendo regolarmente, che ogni vitello si nutra dalla mammella della madre e che non ci siano problemi di salute all’interno del gruppo.
Un giorno alla settimana vengo a Milano a consegnare la carne ai g.a.s.
Parto con il camion frigo carico, circa 200/250 kg e consegno gli ordini a mentre sono in città colgo l’occasione di incontrare amici e fare un po’ di vita sociale.
Infine il sabato solitamente lo dedico ai mercatini, porto in giro la nostra esperienza cercando di raccontare ed appassionare con la nostra storia. In queste occasioni più che vendere preferisco raccontare ciò che facciamo infatti evito di portarmi appresso carne che non posso mantenere ad una temperatura costante e oltre alla nostra esperienza propongo assaggi di prodotti stagionati uno su tutti la pancetta di vacca (preparata con il biancostato) . Ma la cosa fondamentale di questi momenti rimane sicuramente l’incontro e lo scambio di esperienze soprattutto tra gli espositori.
Il lavoro in campagna vive molto dell’esperienza pratica infatti le conoscenze su tecniche di coltura ed allevamento venivano trasmesse da padre in figlio di generazione in generazione.
Tu che hai studiato all’università, hai introdotto nell’azienda novità date dallo studio rispetto a quelle già praticate in azienda?
L’università è stata fondamentale, non tanto per ciò che ho imparato ma soprattutto per l’esperienza. Mi ha permesso di avere una visione più completa di ciò che c’è al di là di queste montagne. Per quanto riguarda la parte tecnica e pratica, una volta laureato e tornato in cooperativa nulla di ciò che avevo studiato mi sembrava utile. In pratica se non avessi avuto nozioni regresse sarei stato un po’ un pesce fuor d’acqua. Poi con il tempo invece ho apportato grandi novità all’interno della cooperativa grazie alla mia esperienza sui libri.
Tipo?
Intanto ho spinto verso i g.a.s; prima mio padre si era costruito una rete di clienti tra l’Emilia e la Lombardia e ogni settimana portava la carne porta a porta impiegandoci giornate intere o facendo lunghi viaggi per piccoli quantitativi. Ora invece abbiamo circa 10 g.a.s., consegnamo nelle loro sedi e loro pensano a distribuire tutti i pacchi.
In questo modo abbiamo velocizzato, abbiamo risparmiato e non ci muoviamo per fare un paio di consegne, ci spostiamo con quantitativi consistenti che ci assicurano un incasso maggiore.
Ho anche spinto perché non si castrassero più i capi maschi. Prima qui, come quasi ovunque, si credeva che castrando la carne risultasse migliore, ho dimostrato il contrario con i fatti e da alcuni anni non castriamo più.
Questo per me è stato un grande risultato, la tanto agognata sostenibilità ha fatto un passo in avanti. Non castrare per noi è un risparmio notevole sia in termini di tempo che economico. La carne è, a detta dei consumatori e anche nostra, uguale a prima se non migliore.
Come hanno reagito inizialmente tuo padre e il suo socio?
A differenza di quel che spesso succede hanno reagito molto bene al cambiamento. Si sono affidati, riconoscendomi delle capacità e hanno cambiato. Si sono mostrati un po’ titubanti inizialmente quando proposi di non castrare più ma “grazie” ad un errore del veterinario si sono convinti.
Che tipo di rapporto hai instaurato con i g.a.s.?
Da subito c’è stata una fiducia reciproca. Si percepisce che entrambi stiamo dalla stessa parte della barricata.
Loro sono puntuali e precisi nei pagamenti e io do il massimo per fornire loro carne di altissimo livello. Quando, ad esempio, sono in laboratorio a smistare i vari tagli di carne sono preciso e ordinato e se mi dovesse cadere un pezzo a terra lo do da mangiare ai cani perché, anche se pulito, voglio offrire sempre il massimo.
Con loro ho un prezzo stabilito di 15 euro al kg per il pacco misto, è un prezzo davvero basso e con i vari aumenti che ci sono stati per noi, uno su tutti il gasolio, facciamo sempre più fatica a guadagnarci infatti penso che dovremo rivederlo.
Come ti vedi tra dieci anni e in che direzione ti stai muovendo per raggiungere i tuoi obbiettivi?
Qui nella valle c’è un altro allevatore simile a noi per tipologia di allevamento, mi piacerebbe in futuro fonderci per poter scambiare attrezzature (molto costose) e riuscire a offrire un prodotto che arrivi a coprire una richiesta di circa 15/20 g.a.s.
La grande distribuzione non mi interessa e non vorrei mai strafare ma vorrei che sempre più persone capissero che un’alternativa all’allevamento intensivo è possibile.
Mi piacerebbe anche che le valli si ripopolassero di giovani, mi piacerebbe veder aprire altre aziende agricole e creare una rete di conoscenze e di collaborazioni.
La terra qui è abbandonata, se ben gestita può dare ottime soddisfazioni e in questo periodo di crisi e difficoltà credo che possa essere un’ottima alternativa.
Qui non servono molti soldi per vivere, ti basta pensare che io vivo in una bellissima casa di circa 100 mq pagando un affitto bassissimo se rapportato a quello di un appartamento in città.
Quando pensi agli allevatori di pianura che pompano le loro bestie ?
Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Credo però che, come è stato dimostrato, quello non è un modello sostenibile né tanto meno vincente. La grande vittoria sarebbe quella di insegnare ad un consumo migliore e minore della carne. Se tutti tornassimo a consumarla con moderazione non occorrerebbero escamotage per ottenere tanta carne in poco tempo.
Una cosa che ti piace del tuo lavoro e una che non sopporti proprio.
Del mio lavoro mi piace tutto, mi permette di stare all’aria aperta di vedere e provare cose spettacolari. Da quando ho modificato delle cose nell’azienda son riuscito anche a ritagliarmi una vacanza all’anno, cosa impensabile prima.
Viaggiare è importantissimo,mi permette di staccare, ricaricare le pile e vedere cosa succede al di fuori di qui e quando torno mi porto dietro un sacco di nuove idee.
Idee che spesso si tramutano in opportunità e stimoli a far sempre meglio.
2 commenti
questo modo di allevare e distribuire è quello che spero si diffonda come l’edera sulle siepi su tutto il territorio, avremo tutti di che guadagnarci, spero non rimanga un sogno….condivido su FB.
Grazie Marta!