Mangiare, come si sa, è un atto naturale per l’uomo, da esso trae energie utili per le sue molteplici attività ma oltre a questo, mangiare può essere considerato anche come un atto socio-culturale. Attraverso la scelta ed il consumo del cibo trasmettiamo e comunichiamo ciò che siamo o ciò che vorremmo essere, le nostre idee ed i nostri interessi. Negli anni ha preso sempre più piede l’abitudine del mangiare fuori casa, inizialmente relegata ad occasioni importanti come comunioni e matrimoni, per diventare cosa comune e per alcuni quasi quotidiana. Ovviamente l’aspetto economico non permette a tutti di consumare pasti fuori casa abitualmente ma bisogna anche riconoscere che la ristorazione offre una varietà di menù molto ampia, soprattutto nelle città è possibile consumare un pasto completo spendendo tra i 4 e 5 euro a persona.
Partendo da queste premesse mi sono chiesto quali possano essere i motivi che ci hanno portato a consumare sempre più pasti fuori casa e cosa ci si aspetti di trovare nel cibo del ristorante che non si possa trovare in quello di casa.
Ovviamente non esiste una risposta unica e valida per tutti, ascoltando ed osservando diverse tipologie di persone si scopre che i motivi sono molteplici se non infiniti.
Esiste il profilo della persona che non sa cucinare e quindi demanda ad un altro questo compito riconoscendogli un corrispettivo economico, c’è chi non ama rassettare e pulire la cucina dopo l’invasione di amici e parenti , c’è chi teme il giudizio degli altri per la propria cucina e preferisce uscire e giudicare il ristoratore di turno, c’è chi non fa programmi e ha il frigo sempre vuoto etc, etc, etc.
Poi ci sono quelli come me che nel ristorante cercano l’esperienza, la personalità del cuoco che ovviamente si può tastare solamente recandosi e gustando con occhi, papille e udito.
Esperienza che a sua volta nutre e che una volta digerita fornisce energie e spunti.
Questo non vuol assolutamente dire che sia alla ricerca di sperimentatori o prestigiatori del gusto anzi, ma per non incappare in esperienze sconvenienti basta scorrere poche righe del menù sul sito o nella vetrina del ristorante.
Il menù è l’ossatura portante , il menù condensa in poche righe il tipo di cucina e la mentalità del cuoco o del ristoratore, insomma il menù corrisponde al novantanove percento dell’esperienza in cui ci imbatteremo; è il trailer sul retro copertina.
Ma cosa ci spinge a scegliere tra il ristorante “Panna&prosciutto” e il ristorante “Verticale di Aria Fritta delle Alpi”? Innanzi tutto il nostro gusto, poi livello di conoscenza gastronomica ed infine in base alla situazione e alla compagnia. Avendo sfogliato e letto un’infinità di menù mi sono accorto che l’esperienza difficile da trovare è quella che sta nel mezzo.
È possibile che sia sparita quella sana e gustosa via di mezzo composta da CUOCHI onesti che sappiano riempire una pasta all’uovo e siano in grado di cuocere delle verdure senza sciuparle?
Quello che spesso manca, a mio avviso, è proprio l’onestà di chi cucina, non fraintendetemi, non mi sto riferendo a conti salati o porzioni ridotte, sto parlando di scelta e trasformazione di materie prime. Possibile che appena seduti attorno ad un tavolo mentre si sfoglia il menù aleggi nell’aria tra i commensali l’idea di mangiare verdure di seconda scelta, carni proveniente da capannoni olocausto e pesci di fiumi radioattivi?
Usciamo per distrarci, divertirci e non pensare ma spesso ci si ritrova a dover scegliere tra il meno peggio. Ci si deve barcamenare tra l’abbuffata precotta e la cucina di pensiero, sono scomparse quelle pastasciutte semplici e benfatte, tant’è che i ristoranti stellati o in odore di stella hanno inserito in carta piatti come gli spaghetti al pomodoro .
Ecco allora alcune semplici regole che deve seguire un menù per essere attraente:
– Essere chiaro e contenuto prima di tutto.
Avere in carta venti primi e venti secondi quasi sempre è sinonimo di scarsa qualità.
-Proporre cibi di qualità, cercando produttori e scovando prelibatezze. In questo modo la semplice ricotta acquisterà un fascino unico e creerà un consumatore più esigente.
-Tralasciare le espressioni “su letto di”, “riduzione di aceto balsamico”, “filetto di pollo”, “panna cotta con salsa al..” ed infine “affogato al caffè”.
– Cambiare in base al mercato e alla stagione lascia presagire ricerca e passione.
– Evitate di perdere tempo nella creazione di nomi fantasiosi e bizzarri se alla fine il piatto viene presentato cone decorazioni tipo: fetta di limone (anche per il fritto) e insalata scondita e passa.
-Aprire con due righe che raccontino l’ idea di cucina o qualche aneddoto legato al ristorante rende tutto più accogliente e personale, se uno non è interessato salta agli antipasti.
-Non evidenziare alcuni piatti con la dicitura : “Lo Chef consiglia….” se siete famosi per delle specialità il passaparola o un educato consiglio del cameriere potranno bastare.
– Quello che si legge e si ordina non dev’essere disatteso. Il cliente inizia a mangiare prima con l’immaginazione del suo ordine e poi con bocca e naso, evitiamo di deluderlo.
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