Da poco è uscito nelle sale cinematografiche il film “La cuoca del Presidente“, film francese che narra la storia (vera) della cuoca fortemente voluta dal presidente Mitterrand.
Vi domanderete come questo possa essere di qualche importanza, se aveste voluto notizie sui film in sala di certo non sareste passati di qua ma vi chiedo di lasciarmi un attimo per arrivare al punto.
Come ho scritto la storia a cui si ispira il film pare essere vera; certo, leggermente romanzata ma basata su fatti realmente accaduti. Qualcuno vedendolo o solo sentendone parlare si sarà chiesto che effetto possa fare essere il cuoco personale del presidente.
Ecco, io l’ho provato.
Il film cade a fagiuolo, come si suol dire, uscendo nelle sale il giorno del mio ritorno ad una vita “normale”.
L’esperienza è particolare se non unica, immaginandola e vivendola fa tornare indietro nel tempo quando esistevano corti, dame e fossati infatti la prima cosa che mi venne in mente quando mi proposero questo lavoro fu quella novella del Decamerone in cui Boccaccio narra del cuoco Chichibio.
Ti trovi a maneggiare cucine sovra-attrezzate, pentole in rame tramandate da generazioni e accudite come se fossero degli infanti, porcellane, argenti e tutto quello che la vostra mente può immaginare.
Le giornate non hanno inizio né fine, le ore si susseguono tra spiumaggi, lente brasature e profumi di biscotti. La macchina non si spegne mai, quasi sempre manca il riscontro sul proprio lavoro infatti è assai raro che venga riportato un commento, si brancola nel buio cercando di non mancare l’obbiettivo.
Si mangia quattro volte al giorno, ad orari ben definiti. L’ospite è sacro ma se tarda troppo perde la sacralità. Le porzioni devono essere minute ma tutto deve essere abbondante a dar parvenza di opulenza. Nulla è impiattato, si seguono le buone regole del servizio alla francese: pirofile proposte a tavola in guanti bianchi dal domestico partendo dalla donna più anziana al tavolo fino ad arrivare al padrone di casa, ognuno si serve e sceglie la parte che predilige.
Situazioni che per molti, compreso me, possono apparire eccessivamente formali, ma il bello di questa sempiterna arte che è la gastronomia sta appunto nel fatto che ognuno è libero di viverla liberamente, ci sono codici comportamentali che son stati scritti nei secoli che mantengono una loro simbologia e un proprio significato.
La tavola è forse l’unica cosa veramente democratica, qualcuno si potrà riconoscere in una apparecchiata con stoviglie usa e getta e bottiglie di cola mentre altri in una su cui poggiano pregiate porcellane e candelabri d’argento, nella via di mezzo tutti gli altri con le loro personalissime differenze.
2 commenti
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