Le capesante o cappesante o ancora conchiglia di San Giacomo, sono uno dei più chiari esempi di come la cucina casalinga sia lontana anni luce da quella dei ristoranti blasonati.
Partiamo da un punto, di norma nella quotidianità, prediligo una cucina casalinga ben fatta con prodotti freschi e genuini che tuttavia attinga dall’alta cucina più che per gli accostamenti azzardati, per le tecniche di cottura.
Chi mangia per nutrirsi o per piacere , non sempre conosce le tecniche appropriate per cuocere un determinato ingrediente, d’altronde chef,cuochi e commis passano giornate intere e talvolta anche nottate tra fuochi pentole e tegami e lì oltre ad eseguire ordini e mettere in un piatto le loro fantasie e intuizioni, sperimentano.
Sperimentando, sbagliano,bruciano, tagliano, carbonizzano e dopo diversi tentativi raggiungo un risultato soddisfacente, magari lontanissimo dal loro pensiero iniziale, magari no.
Se ci viene servita una capasanta ad una cena a casa di amici, il 90% delle volte sarà gratinata , e cioè presa direttamente dal banco del pesce, coperta con del panegrattato aromatizzato e passata in forno, oppure saltata in padella. In entrambi i casi verrà considerata come un frutto unico le due parti che lo compongono saranno cotte nello stessa modalità.
Ma ritengo che occorra sapere che la parte rossa, detta corallo, è la sacca che contiene le uova, mentre la parte bianca, noce, il corpo.
Due consistenze diverse, due sapori diversi.
Nei ristoranti viene servita solo la noce “tostata” in padella , servita nei più disparati abbinamenti.
Oggi ho preparato un risotto alle vongole mantecato con maionese di corallo e noci di capasante tostate con zucchine saltate.
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