“….. Come se il cuoco, ritto davanti ai fornelli a mescolare con diligenza, avesse persuaso ogni singolo chicco di riso a impregnarsi del brodo. Il tocco finale era stato cospargere il riso di corposi bocconcini d’aragosta che gli avevano regalato il profumo dell’oceano. Si avvertiva in lontananza anche un’eco delicata dell’aroma fresco di rosmarino che richiamava alla mente campi e foreste verdeggianti. Quando un piatto è di questo livello io non parlo……….Il capocameriere cominciò ad inciderlo e la carne prese a ricadere a lato del coltello in fettine impalpabili come petali di rosa. Le raccolse le sistemò nel piatto le spruzzo di sale marino e pepe e con gl’occhi di tutti i commensali puntati su di lui appoggiò il piatto di fronte a W.
Io mi ero reso conto che tutti recitiamo quando andiamo fuori a cena .
Ogni ristorante è un teatro e quelli famosi ci spingono a immaginare noi stessi ricchi e potenti, circondati da stuoli di camerieri dediti soltanto a garantirci felicità e piatti sublimi. Ma anche quelli più modesti offrono l’opportunità di trasformarsi in qualcun’altro per pochi istanti.
I ristoranti ci liberano dalla realtà quotidiana fa parte dell’incantesimo. Varcata la porta d’ingrsso si entra in un territorio neutrale dove si è liberi di essere chiunque si scelga di essere per la durata del pranzo…………”
nessun commento